Fiscalità Cina – India a confronto

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A cura di Rosario di Maggio

Cina e India, con una popolazione superiore ai 2,5 miliardi, saranno nei prossimi decenni al centro delle dinamiche economico-commerciali internazionali. Ma i loro sistemi legali e fiscali sono ancora in piena evoluzione e sotto certi aspetti confusi.

Oltre alle imposte fiscali vigenti, bisogna considerare gli accordi sulla doppia imposizione, le reali pratiche locali, le urgenze date dalla situazione economica e politica…

In Cina e in India le imposte totali sui profitti sono molto simili (i due paesi si controllano a vicenda per non perdere appetibilità nei confronti degli investitori stranieri) ma vi sono alcune importanti differenze che andremo di seguito ad evidenziare.

CINA

Imposta sul reddito delle società

L’imposta sul reddito societario in Cina, sia per le succursali cinesi di imprese straniere che per le società di proprietà cinese, impone un’aliquota del 25% sugli utili. Vi sono alcune eccezioni, ad esempio per le società operanti nei settori incentivati, che possono usufruire di un’aliquota ridotta al 15%.

Alcuni incentivi fiscali premiano le società produttive operanti nei settori considerati di nuova o alta tecnologia, sebbene non sia sempre facile ottenere le dovute certificazioni, incluso la deducibilità di parte delle spese d’intrattenimento, pubblicità e promozione commerciale, così come parte delle spese per ricerca e sviluppo.

In Cina, le perdite fiscali generate dalla società possono essere riportate nell’esercizio successivo per un periodo massimo di cinque anni.

Le società estere, costituite in base a normative estere che non hanno né una sede né la gestione manageriale in Cina, sono tenute a pagare soltanto l’imposta sul reddito generato all’interno della Repubblica Popolare.

Imposta sul valore aggiunto

Tutte le società e gli individui coinvolti nella vendita di beni, lavorazioni, servizi di riparazione o di ricambio, e nell’importazione di beni in Cina sono soggetti all’imposta sul valore aggiunto (IVA).

Le società soggette a IVA si dividono in due categorie: contribuenti ordinari e piccoli contribuenti. Le società, sia domestiche che a investimento straniero, sono tenute a ottenere lo status di contribuente ordinario al raggiungimento dei requisiti imposti dall’autorità tributaria cinese. Questi possono variare a livello locale, ma si compongono solitamente di minimi legati alle vendite, al numero di personale, e così via.

L’aliquota IVA per i contribuenti ordinari è in genere pari al 17% (in alcuni casi anche al 13%), mentre è del 3% per i piccoli contribuenti.

La differenza principale tra queste due categorie dipende dal fatto che mentre i contribuenti ordinari possono scaricare l’ammontare totale dell’IVA a credito, pagata sull’acquisto di nuovi macchinari e dei beni acquistati, dall’IVA a debito derivante dalla vendita dei loro prodotti, questo non è possibile per i piccoli contribuenti, risultando un aumento significativo dei costi per questi ultimi.

La Cina prevede inoltre un sistema a più livelli di rimborso di parte o del totale dell’IVA a credito sui beni esportati, anche in questo caso solo per i contribuenti ordinari. La parte di IVA rimborsata varia dal bene in questione seguendo anche in questo caso direttive tese a incoraggiare o scoraggiare la produzione e/o commercializzazione di certi prodotti per l’export.

Business tax

La Business Tax è un’imposta trasversale che si applica sul fatturato per la vendita di servizi. Le aliquote variano dal 3 al 5%, in qualche caso particolare può arrivare anche al 20%.

Ritenuta d’acconto

L’aliquota standard sulla ritenuta d’acconto per i profitti riconducibili alla Cina, per le società non residenti, è pari al 10%. Le aliquote sulle ritenute d’acconto per dividendi, interessi e royalties variano però significativamente per molti di quei paesi (tra cui l’Italia) che abbiano siglato un accordo contro la doppia imposizione fiscale con la Cina.

Imposta sul reddito delle persone fisiche

I redditi derivanti da salari e stipendi sono tassabili in base a sette aliquote progressive che vanno dal 3 al 45%. Il reddito imponibile mensile è calcolato al netto di una detrazione mensile standard di 3.500 Renminbi (RMB) per gli impiegati locali e di 4.800 RMB per gli stranieri che lavorano in Cina (inclusi i residenti di Hong Kong, Taiwan e Macao).

Gli oneri fiscali per gli stranieri si conteggiano, in genere, in base al periodo di tempo trascorso in Cina, in base alla fonte del proprio reddito e alla posizione ricoperta. Gli individui provvenienti da paesi che hanno siglato accordi contro la doppia imposizione con la Cina, che non occupano posizioni di senior management, e che  trascorrono meno di 183 giorni in un anno solare nel paese sono esentati dall’imposta nel caso di retribuzione pagata da un soggetto giuridico estero e il cui reddito non sia attribuibile a un’organizzazione stabile in Cina.

Nel caso di paesi che non abbiano siglato accordo contro la doppia imposizione, il limite massimo entro cui si puo lavorare in Cina senza essere soggetti all’IRPEF è di 90 giorni. Un individuo che risiede in Cina tra i 90 e i 183 giorni deve comunque registrarsi presso le autorità fiscali prima dell’insorgenza dell’onere tributario o al momento della dichiarazione dei redditi al fine di beneficiare dei suddetti accordi.

Qualora l’individuo sia retribuito da un’entità cinese, ogni reddito derivante da prestazioni effettuate in Cina risulterà tassabile.

Gli individui che risiedono in Cina per più di un anno, ma meno di cinque anni, sono tenuti a dichiarare e versare le imposte sia per i redditi originati in loco che per quelli derivanti dall’estero  e percepiti da un’entità localizzata in Cina. Gli stranieri che risiedono in Cina per più di cinque anni, che non abbiano lasciato il paese per un periodo di 30 giorni continuativi o di 90 giorni cumulativi in un anno solare,  sono soggetti alla tassazione di tutti i loro redditi ovunque originati (world-wide income).

INDIA

Imposta sul reddito delle società

L’imposta sul reddito sia per le società di proprietà indiana che per le succursali indiane di proprietà straniera, ivi incluse le società di persone a responsabilità limitata (LLP), è del 30%, mentre sale al 40% per le società estere cioè registrata al di fuori dell’India.

Anche le società estere con lavoro a contratto in India saranno soggette a un’imposta sul reddito pari il 40% del reddito netto generato dal suddetto contratto.

Imposta sul valore aggiunto

L’imposta sul valore aggiunto si applica soltanto ai beni e non ai servizi. L’IVA si applica in ogni fase della vendita e un sistema di credito registra l’imposta pagata. Vi sono quattro categorie, che includono 550 tipologie di beni:

  • Prodotti base (essential commodities) 1%
  • Oro, argento e pietre preziose 1%
  • Prodotti industriali, beni d’investimento e prodotti di largo consumo, ivi inclusi medicinali, farmaci, prodotti industriali e agricoli, beni strumentali e merci speciali  4%
  • I rimanenti prodotti, ivi inclusi derivati del petrolio, tabacchi, liquori ecc.  (Questi beni comportano aliquote maggiori che variano da regione a regione). 12,5%

Zucchero, prodotti tessili e derivati di tabacchi sono esenti dall’IVA per un anno

Tutte le aziende hanno l’obbligo di effettuare la registrazione ai fini IVA, tranne le attività con fatturato inferiore a 500,000 Rupie indiane (INR), circa 7.600 euro, che ne sono esenti. I rimborsi IVA sulle esportazioni sono concessi per tutte le categorie di beni e servizi.

Ritenuta d’acconto

La ritenuta di acconto sui dividendi (rimpatrio dei profitti verso la propria società controllante estera)  è del 15% mentre i profitti rimpatriati da una succursale estera a una società indiana impone una ritenuta del 30% (sebbene si parli al momento di un futuro ribasso al 15%).

Imposta sul reddito delle persone fisiche

L’india prevede diverse categorie di aliquota che dipendono dal reddito, ma anche dal sesso e dall’ età della persona. Le aliquote possono variare dall’esenzione totale fino a un massimo del 30%.

L’imposta sul reddito delle persone fisiche si basa anche sulla residenza dell’individuo e sulla fonte del suo reddito. Un individuo sarà considerato residente in India, qualora si verifichi una delle seguenti due condizioni:

a)      Permanenza in India, nell’anno di riferimento, per un periodo, o più periodi aggregati, pari o superiore a 182 giorni, oppure

b)      Permanenza in India, durante i quattro anni precedenti l’anno di riferimento, per un periodo, o più periodi aggregati, pari o superiore a 365 giorni, accompagnato da 60 o più giorni di permanenza nell’anno di riferimento.

I residenti sono passibili d’imposta in base al loro reddito globale, mentre i non residenti sono passibili di imposta soltanto per il reddito generato, ricevuto o maturato in India. Pertanto, il reddito da lavoro dipendente sarà passibile d’imposta, indipendentemente dalla residenza del datore di lavoro.  Il reddito derivante dalla distribuzione dei profitti è esentasse in India.

Conclusioni

Cina e India presentano un regime fiscale relativamente complesso e oneroso per le aziende. Le continue riforme messe in atto dai due governi rendono difficoltoso mantenere da un lato, un modello di business sempre efficiente e al passo con le opportunità offerte, e dall’altro, la certezza di non ritrovarsi in qualche modo in una situazione di difetto rispetto alle leggi locali.

Detto questo, l’interesse per i due maggiori paesi asiatici rimane alto e difficilmente la pressione fiscale e le difficoltà burocratiche scoraggiano chi vede interessanti opportunità di business, soprattutto in un periodo in cui i mercati occidentali sono fermi.