Revisione obbligatoria dello statuto delle Joint Venture sino-italiane: è iniziato il conto alla rovescia

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Scritto da: Giovanni Lovisetti

Introduzione del diritto societario unico

Il diritto societario della Repubblica Popolare Cinese è stato recentemente oggetto di una profonda riforma, con particolare riferimento ai tipi societari disponibili per gli imprenditori stranieri che in Cina vogliano svolgere attività di impresa, ed alla disciplina ad essi applicabile.

Tale riforma – il cui scopo ultimo è quello di equiparare il trattamento giuridico degli imprenditori stranieri a quello degli imprenditori cinesi e, perciò, di incoraggiare il flusso di investimenti stranieri abbattendo le barriere giuridiche all’ingresso – ha finalmente ricondotto ad unità un sistema normativo in precedenza dualistico: per le società costituite da imprenditori cinesi, era infatti dettato un blocco di norme, mentre un diverso blocco di norme era specificatamente rivolto alle società costituite dall’imprenditore straniero (peraltro non senza alcune sovrapposizioni delle due discipline).

La nuova Legge sugli Investimenti Stranieri (in breve “LIS”), entrata in vigore a gennaio 2020 e vero fulcro di questa riforma ha previsto, all’articolo 42, l’abrogazione sia della Legge sulle Joint Venture sino-straniere  – in breve “LJV” –  (società a responsabilità limitata o per azioni a capitale sino-straniero) sia della Legge sulle WFOE – in breve “LW” – (Wholly Foreign Owned Enterprise, ossia società a responsabilità limitata a capitale interamente straniero), leggi pilastro del sistema normativo dettato a partire dalla fine degli anni ’70 solamente per l’imprenditore straniero, ed ai sensi del quale una società a responsabilità limitata a totale o parziale capitale straniero, indipendentemente dall’oggetto sociale della stessa, avrebbe dovuto assumere o la forma della JV o della WFOE.

Abrogate tali leggi, l’art. 31 della LIS ha previsto l’applicabilità generale a tutte le società costituite in Cina della Legge Cinese sulle Società (in breve “LS”) in vigore dal 1994 e successivamente più volte modificata, con la conseguenza che, per gli investitori italiani che abbiano società in Cina, si rende ora necessario rivedere i principali documenti societari (contratti di Joint Venture e statuti societari) al fine di individuare ed attuare le modifiche necessarie a rendere la società conforme alla disciplina attualmente applicabile.

Tale necessità di revisione e modifica dei documenti vale peraltro in particolar modo per le Joint Venture, piuttosto che per le WFOE: a differenza della LJV, infatti, la LW non ha mai espressamente disciplinato molti aspetti dell’organizzazione societaria, limitandosi invece a rimandare alla LS, la cui disciplina era perciò già ampiamente applicata alle WFOE, anche durante la vigenza del sistema dualistico.

Per provvedere alle opportune modifiche societarie di adeguamento delle JV al nuovo regime giuridico, la LIS ha previsto un periodo transitorio di 5 anni dall’entrata in vigore della legge. Le società (JV e WFOE) avranno perciò tempo fino al 31 dicembre 2024: passato tale termine senza adeguamento alle previsioni della LS, l’imprenditore andrà incontro a sanzioni.

Poiché alcuni degli aspetti su cui il cambiamento della disciplina applicabile impatta fortemente sono temi di estrema importanza e “sensibili”, è consigliabile attivarsi prima possibile per evitare che eventuali divergenze tra il socio italiano ed il socio cinese comportino ritardi nell’adeguamento alla nuova normativa tali da sforare il termine sopra indicato.

Si ricorda che sono oltre 1600 le società a capitale interamente italiano o misto presenti in Cina, con un giro di affari (pre-Covid) superiore ai 20 miliardi di euro, ed è perciò evidente la grande importanza di questo cambiamento normativo da un punto di vista operativo e pratico.

La governo societario e il mantenimento degli equilibri decisionali

Uno degli aspetti più importanti su cui la riforma va ad impattare, è quello del governo societario (la c.d. “corporate governance”).

L’abrogazione della LJV e l’applicabilità della LS introducono infatti un vero e proprio cambio di paradigma nella governance delle JV: se, infatti, l’art. 30 della abrogata LJV riconosceva al Consiglio di Amministrazione (cda) lo status di “organo apicale” della società, attribuendo ad esso la competenza ad adottare le decisioni di maggiore importanza per la vita societaria, la LS (art. 36) riconosce tale prerogativa all’Assemblea dei Soci.

Al CdA di una JV (art.33) erano infatti demandate, tra l’altro, decisioni su tematiche di estrema importanza quali:

  • aumento o riduzione del capitale sociale;
  • scioglimento e cancellazione della JV;
  • trasformazione, fusione o scissione della JV;
  • modifiche dello statuto.

Il punto delicato, a questo proposito, consiste nel fatto che per le delibere aventi ad oggetto i punti di cui sopra, la LJV richiedeva l’unanimità dei membri del cda presenti in consiglio.  La LS stabilisce, invece, che l’Assemblea (e non più il CdA), possa validamente deliberare su tali importanti tematiche senza che sia più necessaria l’unanimità, essendo invece sufficiente il voto favorevole dei soci che rappresentino almeno i 2/3 del capitale sociale.

Ciò significa che, se in precedenza il socio di minoranza (anche attraverso un solo amministratore da lui nominato in CdA) poteva influire con il voto del “suo” amministratore su decisioni importantissime, adesso il socio di maggioranza che rappresenti i 2/3 del capitale può adottare unilateralmente decisioni importanti, senza il bisogno del consenso del socio di minoranza, con possibile grave pregiudizio per quest’ultimo.

Appare dunque evidente l’importanza di rivedere il contratto e lo statuto della JV per garantire, nell’interesse del socio di minoranza che siano confermati gli assetti di voto pre-esistenti.

Una prima soluzione da adottare potrebbe essere quella di introdurre nello statuto l’obbligatorietà del voto unanime di tutti i soci per la validità delle delibere assembleari sui temi più importanti, inclusi quelli sopra citati. La maggioranza dei 2/3 prevista dalla LS può infatti essere statutariamente sostituita con l’unanimità. Con questa soluzione si garantirebbe anche al socio di minoranza quel potere di veto su temi essenziali per la vita societaria, che altrimenti non avrebbe più.

Un’altra soluzione potrebbe essere quella di attribuire diritti di voto non proporzionali al capitale sottoscritto, in modo che la maggiore quota di capitale sottoscritta da un socio non implichi necessariamente un suo peso maggiore in sede di voto in Assemblea: anche questo strumento potrebbe essere un’utile tutela per il socio di minoranza, seppure da considerare come seconda scelta, non prevedendo espressamente la LS la possibilità di prevedere categorie di quote con e senza diritto di voto, e non potendo conoscere in anticipo come le autorità locali competenti per la registrazione delle modifiche societarie (la Administration for Market Regulation – AMR) in concreto possano reagire a tale soluzione, se accettandola o rigettandola.

Sul tavolo della negoziazione, laddove il socio di maggioranza si rifiutasse di adeguare lo statuto in tal senso, il socio di minoranza potrebbe per esempio offrire una modifica alla disciplina statutaria della ripartizione dei dividendi più favorevole al socio di maggioranza: la LS, infatti, a differenza della abrogata LJV, non impone che gli utili debbano essere distribuiti proporzionalmente al capitale sottoscritto. Tuttavia, le concessioni da fare o meno, in sede di una eventuale negoziazione con il socio cinese, possono variare molto e devono perciò essere valutate caso per caso.

Il nuovo ruolo dell’Assemblea dei Soci e le scelte gestionali

Un secondo problema derivante dal cambio di disciplina applicabile risiede nel passaggio di questioni amministrative dal CdA all’Assemblea dei Soci. Se infatti, ai sensi della abrogata LJV, la decisione circa l’indirizzo amministrativo e strategico della società spettava al CdA, la LS all’art. 37 attribuisce ai soci tale competenza, facendo del CdA un esecutore dell’indirizzo strategico voluto dall’Assemblea dei Soci. Tale mutamento solleva delle questioni serie poiché non è affatto assicurato che un socio possegga la preparazione e le competenze per deliberare su scelte strategiche della società. Affidare tali scelte ai soci e non più agli amministratori significa mettere a rischio il business della società.

A prescindere dal tema del mantenimento degli equilibri di voto, perciò, si deve valutare se le modifiche statutarie possano prevedere l’attribuzione al CdA di competenze di carattere strategico che la LS attribuisce all’Assemblea dei Soci. Sebbene la LS non preveda espressamente tale possibilità, la percorribilità di tale soluzione si ricava da alcune decisioni delle corti cinesi che hanno espressamente vietato che la competenza a decidere su alcuni temi (ad es. diritto agli utili, cambio del legale rappresentante della società, ecc.) venga traslata dall’Assemblea al CdA, lasciando invece intendere che, con riferimento ad altre tematiche, ciò sia ammissibile. Ancora una volta si dovrà comunque fare i conti con quello che in concreto l’AMR deciderà di accettare o rigettare, con il consueto avvertimento che l’AMR di una certa città cinese potrebbe rigettare modifiche statutarie invece accolte in altre città.

Cessione di quote sociali a terzi

Un ulteriore aspetto che richiede di essere considerato, e con riferimento al quale potrebbe rendersi necessaria una modifica statutaria, è quello della diversa disciplina che la LS detta in materia di cessione delle quote societarie.

Come ben noto, l’art. 4 della abrogata LJV richiedeva il consenso unanime di tutti i soci affinché un socio potesse cedere a terzi la propria quota sociale. L’art. 71 della LS attualmente applicabile richiede invece il consenso di più della metà dei soci (da considerarsi per teste, e non per quota di capitale sottoscritto): ad esempio, se in JV ci sono 5 soci ed un socio vuole cedere la propria quota a terzi, sarà sufficiente l’approvazione di altri 3 soci per approvare la cessione.

Laddove perciò si voglia mantenere, anche in vigenza del nuovo regime normativo, il medesimo meccanismo a garanzia della conservazione della compagine societaria, sarà necessario inserire in statuto una specifica limitazione alla cedibilità della quota sociale a terzi.

Procedura per la modifica dello statuto

Nonostante le modifiche da apportare all’assetto societario siano obbligatorie, la procedura per adottarle non varia rispetto alla procedura per una qualunque modifica statutaria. Qualunque sia la modifica che, dopo il confronto tra i soci, si deciderà di apportare allo statuto, infatti, il CdA della JV, ai sensi dell’art. 33 LJV, dovrà deliberare all’unanimità la modifica dello statuto innanzitutto nel senso di attribuire all’Assemblea dei Soci lo status di organo supremo della società.

Una volta deliberata l’attribuzione di tale status, sarà successivamente la stessa Assemblea dei Soci a deliberare le modifiche statutarie ulteriori e relative, tra l’altro, ai punti sopra menzionati.

La delibera del CdA e le successive delibere dell’Assemblea dei Soci dovranno essere successivamente depositate (insieme o separatamente, a seconda della città in cui si procede) presso l’AMR per l’opportuna pubblicità.

Sanzioni

Cosa succede se, entro il termine transitorio di 5 anni, non si procede con le modifiche richieste per rendere la JV conforme al dispositivo della LS?

Partendo dal presupposto che l’intera riforma è stata principalmente realizzata nell’interesse degli investitori stranieri (ma anche nell’interesse della Cina che, con tale riforma, va verso una maggiore armonizzazione del diritto societario ed una conseguente più coerente gestione del proprio sistema giuridico) è ben comprensibile come il mancato rispetto del termine non possa comportare sanzioni gravi, tali da poter in qualche modo scoraggiare l’investitore straniero. L’art. 44 delle Implementation Regulations for the Foreign Investment Law of the People’s Republic of China, una sorta di legge di attuazione della LIS, espone quale sarà la conseguenza del mancato aggiornamento, ossia l’impossibilità di procedere con ogni modifica per cui sia richiesta la registrazione presso l’AMR (ossia tutte le modifiche di maggior rilievo). Così, per esempio, se da gennaio 2025 la JV decidesse di cambiare il proprio rappresentante legale, di ridurre o aumentare il capitale, di modificare l’oggetto sociale, di ottenere nuove licenze ecc., non potrebbe farlo se non nel caso in cui abbia già provveduto all’adeguamento alla nuova normativa applicabile. Sebbene tale sanzione possa non apparire particolarmente rilevante, in realtà rischia di mettere in grave crisi il funzionamento della società: la sostituzione di un legale rappresentante infedele, o la modifica del capitale sociale per ragioni di maggiore efficienza operativa o per ragioni più gravi, sono operazioni da effettuarsi nel minor tempo possibile; trovarsi nella condizione di non poterle eseguire perché la JV non è ancora in linea con la nuova normativa potrebbe compromettere in maniera irreparabile il futuro della società stessa.

Suggeriamo perciò di rivolgersi tempestivamente a professionisti con grande esperienza per una revisione ed un adeguamento dell’intero assetto societario in modo da rendere la JV in perfetta compliance con la normativa vigente.

China Briefing è prodotta da Dezan Shira & Associates. Con uffici in Cina, Hong Kong, Vietnam, India, Indonesia, Singapore, Germania, Italia, Stati Uniti e Russia, Dezan Shira supporta gli investitori stranieri in Asia da tre decenni.

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