Aumentano richieste e rivendicazioni da parte dei lavoratori immigrati nel Guangdong

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12 Febbraio – L’aumento della militanza sul tema delle condizioni di lavoro dei lavoratori immigrati in Cina, sta avendo un serio impatto sulle aziende del Sud della Cina, poiché molti lavoratori si rifiutano di rientrare a lavoro dalle vacanze del Capodanno Cinese se le loro richieste non vengono soddisfatte.

I lavoratori stanno diventando sempre più consapevoli dei propri diritti seconda la legge del lavoro, e molti stanno tornando alle maniere forti per “convincere” i proprietari d’azienda e ricevere più soldi in cambio. Questa situazione è spesso aggravata da una base di rappresentanti dei lavoratori, che si dibattono inoltre per avere incrementi nei pagamenti dei fondi lavorativi a loro disposizione nel caso in cui le società paghino stipendi più alti.

In un articolo pubblicato sul South China Morning Post , lo scorso mese 30 lavoratori immigrati si sono arrampicati sul tetto di un’azienda di Shenzhen minacciando di buttarsi di sotto collettivamente se non avessero ottenuto il permesso di rientrare a casa 5 giorni in anticipo prima delle vacanze ufficiali del Capodanno Cinese.

In un altro caso, alcuni lavoratori hanno richiesto un 8 percento aggiuntivo di incremento nel salario (oltre al 34% di aumento dei livelli salariali del 2010) per rientrare dalle vacanze, arrivando ad un aumento salariale del 42% su base annua.

In molti casi, le aziende stanno già pagando molto più del minimo salariale – spesso il doppio dei requisiti di legge- talvolta non soddisfando ancora le richieste dei lavoratori.

La città di Shenzhen, ha aumento il livello del minimo salariale la scorsa estate, e si prospetta di seguire le orme del terzo aumento provinciale nella provincia del Guangdong in 12 mesi, con un incremento del 18,6%, effettivo dal prossimo 1 marzo 2011.

Alcuni lavoratori stanno chiedendo inoltre altri incentivi. Oltre agli aumenti salariali, le richieste variano da biglietti aerei, bonus in denaro, a cene ed intrattenimenti.

L’aumento del costo della manodopera in Cina e la crescente domanda dei lavoratori stanno facendo incorrere in perdite quelle che una volta erano imprese redditizie e, in tali circostanze, per la produzione ad alta intensità di lavoro non vi è praticamente alcun margine di manovra per sopravvivere. Come già affrontato nel 12° piano nazionale quinquennale (periodo 2011-2015), anche China Briefing ha discusso su come il futuro di queste imprese sia legato esclusivamente al fatto che riescano o a sviluppare la loro catena del valore e il livello tecnologico generale, o a trasferirsi in quelle regioni dove i costi sono inferiori.

Come riporta il South China Morning Post, Shenzhen non è più vista come l’area dove i costi sono i più bassi e competitivi, infatti la città sta collocando le sue priorità altrove. Il dottor Fang Zhou, assistente ricercatore capo presso il One Country Two Systems Research Institute, ha detto che l’atteggiamento di Shenzhen verso le cooperazioni transfrontaliere è cambiato in modo significativo dal 2003, assieme ad una minore necessità della zona economica per capitale e know-how provenienti da Hong Kong. “Shenzhen e altre città del PRD in passato hanno attratto al loro interno diverse imprese di Hong Kong per permettere l’apertura di alcune fabbriche. Le fabbriche di serie di Hong Kong sono state pertanto il pilastro dell’economia locale, avendo creato posti di lavoro e aumentato il tenore di vita locale “, ha detto il Dr. Fang. “Ma ora città come Shenzhen non sono più interessate a questo tipo di fabbriche, che sono ad alta intensità di manodopera, inquinanti e low-tech”. Fang ha detto che città come queste sono ora più orientate allo sviluppo di quella che viene chiamata high-end, la moderna produzione su larga scala, la quale “Hong Kong non può fornire”.