La Cina revoca gli incentivi fiscali per gli investitori stranieri

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Nel Dicembre 2014, il governo cinese ha emanato una circolare con la quale richiedeva alle autorita’ locali di revocare gli incentivi fiscali concessi agli investitori stranieri, inclusi sussidi ed incentivi relativi a spese di manutenzione. Nonostante la notizia possa sorprendere – e magari sconfortare – gli investitori, e’ necessario chiarire ad i nostri lettori che la Cina continuera’ ad offrire politiche fiscali preferenziali. Tuttavia, tali incentivi non potranno piu’ essere concessi autonomamente dalle autorita’ locali se non con previa autorizzazione del Consiglio di Stato (State Council), ed eventuali modifiche dei tassi fiscali dovranno essere introdotte con leggi promulgate dall’Assemblea Nazionale del Popolo.

A titolo di esempio, segnaliamo che il 29 Aprile 2015 l’ufficio delle imposte di Shenzhen ha pubblicato una “Guida alle politiche fiscali preferenziali per la Corporate Income Tax (CIT) nella Qianhai zone” (Guide to Preferential Corporate Income Tax (CIT) Policies for Enterprises in Qianhai Shenzhen-Hong Kong Modern Service Industry Cooperation Zone), secondo cui le societa’ operanti in specifici settori indicati dal governo potranno presentare domanda al fine di beneficiare di una CIT al 15 percento. Come si evince da questa recente riforma, gli incentivi fiscali continuano ad essere concessi, ma i governi locali – in questo caso quello di Shenzhen – devono ora ottenere previa approvazione dal Consiglio di Stato. Lo scorso Marzo, inoltre, le autorita’ locali hanno dovuto presentare al Ministero delle Finanze un rapporto sulle politiche fiscali preferenziali in uso nelle province cinesi.

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Allo stato attuale, numerose societa’ straniere – tra le quali la nota Foxconn – sono in negoziazione con le autorita’ locali per continuare a beneficiare di incentivi fiscali. Il ministro delle finanze Lou Jiwei ha affermato che l’obiettivo di tale riforma e’ quello di assicurare parita’ di trattamento alle societa’ locali e straniere in materia di investimenti. Tuttavia, l’eliminazione degli incentivi fiscali esistenti potrebbe essere giustificata sia dalla diminuzione del gettito fiscale che dal rallentamento della crescita economica nazionale. In seguito all’assenza di incentivi a livello locale, gli investitori stranieri sono invitati a rivedere i contratti stipulati con le autorita’ provinciali e, nel caso, collocare  la propria societa’ in altre aree.

Dopo un avvio contenuto, la politica Cinese sugli investimenti esteri ha registrato un costante incremento di costituzioni societarie straniere grazie a politiche fiscali incoraggianti. In particolare, le societa’ straniere specializzate nell’industria manifatturiera e con sede nelle zone economiche speciali – tra cui Shenzhen, Zhuhai e Xiamen – hanno beneficiato di un tasso sull’imposta sul reddito societario (Corporate Income Tax – CIT) particolarmente vantaggioso, pari al 10 o 15 percento. Per le societa’ aventi sede in aree remote, si prevedeva un’esenzione fiscale limitata nel tempo. Infine, l’esenzione dall’imposta sul reddito societario (CIT) per un periodo di cinque anni, il rimborso totale dell’imposta a condizione di reinvestimento dei profitti, e l’esenzione dalla withholding tax sui dividendi trasferiti all’estero, sono stati a lungo dei catalizzatori che hanno attratto gli investimenti occidentali. Panasonic, Coca-Cola e Boeing sono state tra le prime societa’ straniere a sfruttare tali incentivi, investendo in Cina gia’ nel 1979, a soli tre anni dalla morte del “timoniere” Mao. Negli anni ’80, seguirono gli investimenti da parte di Microsoft, Starbucks e KFC.

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La riforma dell’imposta sul reddito societario (CIT) del 2008 ha segnato un primo passo verso la parita’ di trattamento delle societa’ locali e straniere in materia di investimenti, stabilendo un tasso unico pari al 25 percento. Tuttavia, le autorita’ locali hanno iniziato ad offrire alle societa’ straniere incentivi fiscali limitati alle aree della propria giurisdizione. Obiettivo di tale strategia era continuare ad attrarre investimenti esteri e favorire la crescita del PIL locale.

Tra le maggiori imposte a cui le societa’ aventi operazioni in Cina sono soggette, segnaliamo la sopracitata CIT – al 25 percento sui profitti – e la withholding tax su dividendi ed interessi, al 10 percento. L’IVA – con variazioni tra il 13 e 17 percento – e la business tax (BT) al tre o cinque percento sono ulteriori imposte a cui le societa’ sono soggette. Tuttavia, nel 2012 la Cina ha dato inizio ad una riforma nazionale in cui l’IVA andra’ a sostituire definitivamente la BT, eliminando i rischi legati alla doppia imposizione fiscale.


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