La Whitelist tecnologica cinese – La Cina sta cercando di sostituire la tecnologia estera?

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Un nuovo rapporto di Bloomberg fornisce dettagli su una Whitelist di realtà cinesi da cui le imprese e gli enti governativi in Cina possono scegliere i fornitori di prodotti e servizi tecnologici di base.  La Whitelist tecnologica è stata probabilmente predisposta dal Information Technology Application Working Committee (conosciuto come ‘Xinchuang Committee’). Il Ministero degli Affari Esteri cinese ha negato l’esistenza di tale elenco.

Secondo il rapporto, tuttavia, ci sarebbero rigorosi limiti sulla proprietà straniera per l’inserimento di tali fornitori nella lista che sollevano quesiti sui motivi di questa mossa e sull’impatto che essa potrebbe avere sulle aziende tecnologiche straniere in Cina.

In questo articolo, considerata la mancanza di informazioni certe, non intendiamo commentare l’esistenza o meno della Whitelist, ma cogliamo piuttosto questa opportunità per analizzare l’Information Technology Application Working Committee illustrando il suo funzionamento e la sua composizione. Parliamo inoltre delle attuali relazioni della Cina con la tecnologia straniera.

Che cosa dice Bloomberg?

Un rapporto di Bloomberg pubblicato il 16 novembre 2021, citando fonti anonime, afferma che la Cina sta progettando la creazione di una ‘Whitelist’ di fornitori di tecnologie chiave in “settori sensibili” con l’intento di sostituire le tecnologie statunitensi ed europee.

Il rapporto afferma che il Xinchuang Committee, sta cercando di implementare un piano di “Innovazione delle Applicazioni IT” attraverso il quale creare una Whitelist di società controllate alle quali è consentito fornire tecnologie chiave in settori sensibili come servizi cloud e centri dati per informazioni governative.

Forse il punto più controverso del presunto piano è che le aziende, per essere ammesse alla lista, possono avere al massimo il 25% di proprietà estera, il che potrebbe limitare notevolmente la partecipazione delle imprese straniere in questi settori così lucrativi.

Successivamente alla pubblicazione del rapporto Bloomberg, il portavoce del Ministero degli Affari Esteri, Zhao Lijian, nel corso di una conferenza stampa ha affermato che il rapporto Bloomberg è “falso” e che “la Cina non ha formulato né implementato piani di sostituzione delle tecnologie americane e straniere, e tantomeno autorizzato il Xinchuang Committee ad effettuare valutazioni sui fornitori locali e creare una ‘Whitelist’”.

Che cos’è il Xinchuang Committee?

Il Xinchuang Committee è stato inizialmente costituito nel marzo 2016 come organismo sociale no-profit per agire come organo consultivo del governo. È un ramo  della China Electronics Standardization Association (CESA), che supervisiona tale comitato insieme al Ministero dell’Industria e della Tecnologia dell’Informazione (MIIT).

Il rapporto Bloomberg fa riferimento a un rapporto di iResearch, che afferma che le cosiddette “politiche di soffocamento” degli Stati Uniti sulle aziende tecnologiche cinesi, come l’inclusione delle aziende cinesi nella “entity list” degli Stati Uniti, sono state una spinta diretta alla creazione del comitato.

Il divieto per le aziende statunitensi di vendere componenti a qualsiasi azienda facente parte della entity list ha avuto un effetto devastante sulle aziende cinesi che contano sulle tecnologie chiave degli USA, ed in particolare sui semiconduttori, sulle attrezzature di telecomunicazione e sui software. Ne parliamo in dettaglio nel prosieguo del presente articolo.

Secondo le ‘norme sul lavoro’ pubblicate sul sito ufficiale, il Xinchuang Committee è finanziato, tra le altre fonti, da una serie di donazioni, quote associative, profitti derivanti da attività e servizi svolti nell’ambito di lavoro del comitato, interessi e finanziamenti governativi.

Che cosa fa il Xinchuang Committee?

Secondo il proprio sito ufficiale, il comitato svolge ricerche strategiche sullo sviluppo di aree tecnologiche chiave, supporta lo sviluppo di progetti software, ricerca i percorsi di definizione e sviluppo degli standard e svolge, tra gli altri compiti, il lavoro relativo alla coltivazione dei talenti. Tiene regolarmente forum e conferenze relativi a varie aree e settori, spesso frequentati dalle principali aziende tech cinesi.

I rapporti del comitato possono essere utili per guidare la politica del governo, sebbene non sia chiaro quanto il comitato stesso influenzi le decisioni del governo.

Chi può fare parte del Xinchuang Committee?

Il Xinchuang Committee è aperto alla partecipazione di figure industriali, sia in qualità di amministratori nel suo consiglio di amministrazione sia come semplici membri.

Membri e amministratori devono provenire da un’azienda, da un’istituzione, da un istituto superiore di formazione o da un organismo sociale nazionale ed essere legalmente approvati per impegnarsi in campi, tra cui ricerca scientifica e sviluppo, produzione, servizi di integrazione, servizi di consulenza e marketing nel campo dell’innovazione delle applicazioni della tecnologia dell’informazione.

Per diventare membro un’azienda deve inoltre possedere prodotti o servizi con diritti di proprietà intellettuale indipendenti.

Oltre a questo, sia l’azionista di controllo sia il legale rappresentante di un’azienda devono essere di nazionalità cinese e la proporzione di capitale straniero della società non può superare il 25%.

Qual è il vantaggio di essere membro del Xinchuang Committee?

I membri ed i dirigenti del Xinchuang Committee possono godere di alcuni privilegi e diritti interni all’organizzazione.

Oltre al diritto di partecipazione alle riunioni del consiglio di amministrazione e al diritto di voto sui problemi riguardanti il comitato, i dirigenti hanno accesso prioritario alle risorse del comitato come la tecnologia, il capitale e gli standard.

D’altra parte i membri possono ottenere materiali, pubblicazioni e servizi informativi del comitato, ricevere supporto tecnico dal comitato e raccomandazioni sulla collaborazione con altri membri, oltre ad avere il diritto di partecipare a vari eventi ed attività del comitato come seminari, scambi e sessioni formative.

Fra gli altri compiti, i membri del comitato sono tenuti a contribuire con le loro tecnologie, soluzioni e conoscenze nel campo delle applicazioni delle tecnologie informatiche e a partecipare attivamente alle attività organizzate dal comitato.

Che cosa afferma il rapporto Bloomberg sulla Whitelist tecnologica cinese?

Il rapporto Bloomberg afferma che la Whitelist consisterà in un elenco di aziende controllate e certificate dal quale le aziende operanti in settori sensibili possono attingere per le loro esigenze di tecnologie chiave. Ad esempio, se una banca cerca un nuovo fornitore di servizi cloud, potrebbe richiedere offerte esclusivamente alle aziende comprese nella lista, escludendo così dalla competizione le aziende non presenti nella lista.

Secondo Bloomberg, 1.800 aziende sono state invitate a far parte del comitato, incluso il gigante dell’elettronica Huawei ed il provider cloud Alibaba Cloud.

Come abbiamo visto, il Xinchuang Committee richiede che la proprietà straniera dei suoi membri non ecceda il 25%. Questo sbarra la strada alla proprietà straniera, molto di più rispetto agli standard di ingresso al mercato cinese e, come ha affermato Bloomberg, vieterebbe la partecipazione di multinazionali come Microsoft ed Intel.

La Cina vuole “sostituire” la tecnologia estera?

Che la Cina desideri ridurre la propria dipendenza dalla tecnologia estera non è una novità.

La ricaduta negativa della Guerra tecnologica USA-Cina ha messo a rischio un gran numero di aziende tecnologiche cinesi, ed ha compromesso intere unità di business in quanto alle aziende è stato impedito di ottenere componenti e servizi tecnologici di base.

Le sanzioni contro le aziende cinesi hanno preso di mira in particolare le industrie che sono parte integrante delle infrastrutture di base, come i settori sensibili, le apparecchiature di telecomunicazione (Huawei), i semiconduttori (SMIC), l’IA e software (iFlytek, Megvii, SenseTime, Yitu), l’elettronica di consumo (DJI) e la costruzione navale (CSSC). Questo ha messo una notevole pressione su settori indispensabili per la crescita e lo sviluppo continuo della Cina ostacolando gli obiettivi a lungo termine del Paese di trasformarsi in economia e società ad alta tecnologia.

Inoltre, il rapporto iResearch citato da Bloomberg ha sottolineato che la sicurezza nazionale sta diventando un grande problema per la Cina. Il rapporto cita diversi incidenti legati alla sicurezza internazionale dell’ultimo decennio che hanno causato allarme nel Paese, come il famigerato programma di sorveglianza statunitense PRISM scoperto nel 2013 e la vulnerabilità “Meltdown” in alcuni microprocessori Intel e IBM scoperta nel 2018.

Pertanto, per la Cina, lo sviluppo e il potenziamento di alternative “domestiche” alle tecnologie straniere è inevitabile sia per limitare ii rischi di ulteriori sanzioni che per difendersi dalle minacce alla propria sicurezza nazionale.

Molte aziende che secondo Bloomberg erano membri del Xinchuang Committee, operano nell’ambito di questi settori sensibili e forniscono componenti e servizi per infrastrutture strategiche. Inspur, ad esempio, fornisce server di alta gamma ai centri dati, Huawei è un fornitore chiave di attrezzature 5G, software e servizi cloud e il Gruppo tecnologico Qi-ANXIN fornisce software di cyber-security e anti-virus.

È comunque improbabile che la Cina diventerà tecnologicamente autonoma nel breve termine – se mai lo sarà. Ci sono ancora alcune aree nelle quali dipende dalla tecnologia estera e il governo difficilmente chiuderà l’accesso a queste aziende straniere se i loro servizi sono necessari per consentire il proseguimento dell’attività. Il settore dei microchip, ad esempio, è ancora guidato da multinazionali come Intel e TSMC: quest’ultimo intende espandere la produzione in Cina.

Nonostante il funzionamento della Whitelist non sia del tutto chiara, sappiamo dai regolamenti pubblicati dal Comitato Xinchuang stesso che ci sono alcuni benefici per le aziende che vi aderiscono – benefici che sono off-limits per la maggior parte delle aziende a capitale straniero. Tuttavia, i benefici derivanti dall’adesione al comitato non sembrano essere così estesi come quelli che si presume siano offerti dalla Whitelist, e non è quindi chiaro quanto questo abbia realmente un impatto sulla concorrenza.

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