L’occupazione femminile in Cina

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Female employment ChinaLe statistiche dell’Organizzazione Internazionale del lavoro (ILO) indicano una diminuzione del tasso di occupazione femminile del 9 per cento dal 1990 al 2014, nonostante il quadro normativo in materia di tutela dei diritti delle donne sia all’avanguardia e la Cina sia stata fra i primi paesi a ratificare la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (CEDAW) e ad integrare nel proprio diritto la Legge sulla protezione dei diritti delle donne (1992) e la Legge sull’assistenza sanitaria della maternità e della prima infanzia (1992).

Il censimento del 2010 mostra un tasso di impiego delle donne di età compresa fra i 20 e i 59 anni pari all’84.3 per cento nel 1990. Nel 2000 si e’ registrato un declino prima al 79.5 per cento, per poi raggiungere il 73.6 per cento nel 2010. Le statistiche della All China Women’s Federation (ACWF), organizzazionale statale per la tutela dei diritti delle donne, si discostano leggermente indicando un tasso di occupazione del 71.1 per cento nel 2010.

 

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La bassa occupazione femminile è sintomatica di una condizione generale di disuguaglianza, difatti nel 2014 sono stati registrati tassi di occupazione femminile del 61.4 per cento in Canada, del 60.2 per cento in Svezia e del 56 per cento negli Stati Uniti.

I cambiamenti dell’economia, le leggi sul lavoro e la scarsa rappresentanza femminile al governo sono le principali cause del calo del tasso di occupazione. Inoltre, sono da prendere in considerazione le politiche del governo e le pressioni sociali. In particolare, in questo periodo storico, è comune l’idea del 男外女内 (letteralmente “gli uomini fuori e le donne dentro”), la quale sottolinea il focus del governo riguardo l’importanza del matrimonio e della  famiglia rispetto all’avanzamento di carriera. Il tema delle cosiddette leftover women, ovvero donne con più di 27 anni e nessuna famiglia ma con alti livelli di istruzione e una carriera di successo, è al centro di recenti dibattiti.

Inoltre, si registra un indebolimento delle politiche woman friendly. A seguito delle riforme degli anni ’90, non è stato implementato da parte del governo un sistema di assistenza per le donne lavoratrici e un supporto sanitario per la prima infanzia.

Secondo i sondaggi del 2005 riguardo la responsabilità sociale d’impresa, meno del 20 per cento delle aziende statali (circa il 5.7 per cento) concede assistenza all’infanzia ai propri dipendenti.

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In questo sistema, gli episodi di discriminazione al momento dell’assunzione sono sempre più frequenti. La normativa cinese prevede un congedo di maternità retribuito e di un minimo di 98 giorni. Ciò costituisce un deterrente per i datori di lavoro e infatti, secondo il sondaggio dell’ACWF, circa il 72 per cento delle donne cinesi ritiene che non sarà assunta o non riceverà una promozione a causa del proprio sesso. Il 75 per cento ritiene che sarà licenziata perché recentemente sposata o in attesa.

Un’altra forte limitazione è costituita dall’età di pensionamento obbligatoria. L’età di pensionamento prevista per le operaie è di 50 anni, mentre per le impiegate è di 55 anni. Solo in alcuni settori l’età di pensionamento è uguale a quella maschile, ovvero 60 anni. Questi dati costituiscono frequentemente una giustificazione per la discriminazione durante le fasi di assunzione.

Infine, vi sono ingenti differenze salariali. Le donne guadagnano il 35 per cento in meno rispetto ai colleghi e ciò porta la Cina a classificarsi al 91esimo posto su 145 della classifica del World Economic Forum del 2015.

Un ultimo fattore da prendere in considerazione è la differenza del tasso di impiego nelle aree urbane e nelle aree rurali. I dati indicano un calo del 16.6 per cento del tasso di occupazione nelle aree urbane, mentre si registra un calo del 2.7 per cento nelle aree rurali.

 

Prospettive future

La situazione critica dell’occupazione femminile in Cina potrebbe migliorare prossimamente. Nel 2013 si è assistito alla prima denuncia in ambito di discriminazione femminile nell’ambiente di lavoro nei confronti della Juren School, accusata di aver rifiutato la candidatura di una docente a causa del sesso. La donna ha ricevuto un rimborso di RMB 30,000 e ciò fa sperare in un’attuazione delle politiche a sostegno delle madri e delle lavoratrici.

Infine, è necessario ricordare che nonostante gli auspici poco incoraggianti dell’occupazione femminile in Cina, sempre più donne conseguono lauree di secondo livello e nel 2014 la Cina ha registrato il più alto numero di GMATs femminili con circa 37,631 donne ad aver sostenuto l’esame, corrispondenti al 65 per cento delle presenze totali.

 


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